La triste storia dell’ara amazzonica libera a Gorreto, in gabbia a Grosseto

Questa è la storia di un pappagallo “coraggioso”. Un coloratissimo esemplare di ara che, tradendo le sue primigenie preferenze tropicali, si era trovato non si sa come a svernare nel rigido clima del bellissimo bosco di Fontanarossa, in quel di Gorreto, quasi al confine con la Val Trebbia piacentina. La storia non è a lieto fine, chiariamo subito. Il pappagallo migratore alla fine è stato sfrattato, imbrigliato e spedito in un “centro di recupero” per animali esotici a Grosseto. Ma la vicenda vale la pena comunque di essere raccontata, anche perché narra di una bella avventura che ha coinvolto i fontanarossini, i villeggianti e tutti coloro che si trovavano a passare per il boschetto che il pappagallo “coraggioso” si era scelto per tornare allo stato di vita selvaggio.Tutto comincia durante le scorse vacanze natalizie, quando qualcuno si accorge che un bellissimo esemplare di ara volteggia nel bosco di Fontanarossa. Non fa niente per nascondersi, sembra assolutamente a suo agio in mezzo a una fauna avicola del tutto estranea, che probabilmente lo guarda con il sussiego che solitamente gli autoctoni riservano agli immigrati, alati o meno. Si nutre di frutta e di quello che trova negli orti circostanti, e intanto la voce si diffonde. Grazie alle magie di Internet, i racconti sulla straordinaria presenza del pappagallo a Fontanarossa si moltiplicano, molta gente corre su a Gorreto per vedere dal vivo l’esemplare amazzonico, porta cibo all’uccello esotico, lo fotografa, lo ammira. Sempre da Internet, parte una segnalazione importante: potrebbe trattarsi di certo “Cocco”, un pappagallo fuggito dalla gabbia di un signore di Verona.Si muovono allora anche le istituzioni: il Comune di Gorreto informa la Forestale, si organizza una “battuta” a Fontanarossa, e “Cocco” viene catturato. Rapido controllo dell’anello identificativo che porta alla zampa: no, non è lui, il pappagallo fuggito da Verona. «Anche perché – spiega ragionevolmente Ettore Ilariucci, del servizio Cites del Corpo Forestale di Genova – era poco credibile pensare che il volatile fosse giunto dal Veneto fino a qui, troppo lunga la distanza. Più facile che sia scappato da una gabbia in un appartamento di Genova, o dei dintorni».Certo. O magari che sia stato abbandonato da chi si era stufato dell’animale esotico e aveva deciso di sbolognarlo all’aperto, incurante del fatto che per un pappagallo non sia il massimo trascorrere l’inverno sui monti della Val Trebbia. Morale (amara) della favola: il pappagallo, un bell’esemplare maschio, alto circa 75 centimetri, è stato portato nel centro di recupero grossetano, dove vivrà in un’ampia (si spera) voliera accanto a diversi altri compagni di sventura. «Un evento raro, questo – racconta ancora Ilariucci – ricordo solo un altro caso, quello di un pappagallo ara che qualche anno fa era scappato, e si era rifugiato in una casa dell’Imperiese. Certo, questo ha rischiato grosso: il clima in quel periodo, da dicembre a marzo, è stato rigidissimo, se è sopravvissuto credo sia soltanto perché qualcuno gli ha portato il cibo. Sicuramente nella sua nuova dimora si troverà meglio, perché quanto meno nel centro di recupero di Grosseto è stato ricreato un habitat naturale a lui più consono». Speriamo. Ma forse rimpiangerà la libertà perduta, nel freddo del bosco di Fontanarossa. Senza gabbie.

Mara Queirolo

(Questo articolo è stato tratto da Il Secolo XIX del 21/04/05)

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