George Moscone, un ligure da oscar

C’è un pezzo di Liguria anche in Milk, il film con Sean Penn che uscirà nelle sale genovesi (Porto antico e Fiu­mara in primis) venerdì ed è uno dei maggiori candidati ai prossimi Oscar oltre che uno dei film-evento della stagione. Lo ha diretto un regista di culto come Gus Van Sant e racconta la storia di Harvey Milk, il primo politico americano dichiaratamente gay, che riuscì a diventare “supervisor” del comune di San Francisco ma che proprio per questa militanza venne ucciso nel 1978 da un suo collega omofobo di nome Dan White.
L’episodio è famoso, il personaggio è già stato celebrato in pièce teatrali o tv-movie, e nel mondo anglosassone è ormai un’icona della lotta per i diritti degli omosessuali. Ma in quel 27 novembre 1978 a finire sotto i colpi di pistola non fu soltanto Milk. Quando fece irruzione al City Hall di San Francisco, per prima cosa l’ex-poliziotto Dan White andò infatti a parlare col sindaco, George Moscone, un democratico di49 anni che fin dall’inizio della carriera si era battuto per la causa dei poveri, degli emarginati e delle minoranze, e che ovviamente aveva preso le difese anche di Harvey Milk davanti alle campagne antigay dei suoi oppositori. Dan White voleva essere riammesso alla carica di consigliere comunale da cui aveva dato le dimissioni proprio per protesta contro Milk. Moscone rifiutò di reinserirlo nel ruolo e così White gli scaricò addosso un intero caricatore, prima di recarsi nell’ufficio di Milk e far fuori anche lui.
Proprio George Moscone, come indica chiaramente il cognome, era di famiglia ligure. Per la precisione di Fontanarossa, un paese della Val Trebbia posto di fronte a Rovegno, dove quasi tutti gli abitanti si chiamano Moscone, Guaraglia o Chiappellone.
Chi avesse voglia di andarci, superata la mitica Loco di Giorgio Caproni e il piccolo Borgo dove Giorgio “Custer” Garbarini lustra le sue auto d’epoca, scoprirà che la piazza principale ha due grandi targhe. Una è per Susanna Fontanarossa, la madre di Cristoforo Colombo che si vuole appunto nata da queste parti. E l’altra è l’insegna di piazza George Moscone, sindaco di San Francisco, 1929-1978.

I parenti americani conoscono benissimo tutta la faccenda, visto che su intemet c’è perfino un blog dove un californiano racconta del viaggio in Italia di qualche anno fa con tutta la famiglia yankee. Siamo stati a Roma, a Parigi, a Londra, in Vaticano a vedere il Papa – scrive – ma la vera meta del nostro viaggio in Europa era Fontanarossa, dove la piazza principale è intitolata proprio a George Moscone, “il cugino di mio nonno”. «A che serve avere intitolato un centro congressi quando si può avere una piazza?» domanda, alludendo al gigantesco Moscone Center che troneggia nel cuore di San Francisco e che è uno dei molti modi in cui la città ha voluto ricordare il suo sindaco assassinato. Se il gay Harvey Milk è infatti un personaggio famoso in tutto il mondo, il ligure George Moscone continua ad essere celebrato a San Francisco come il politico progressista che rivoluzionò la città, aprendola alla modernità, alle minoranze di ogni tipo, agli asiatici e ai latini e che morì per difendere i dìritti degli altri.

Quella sfida da emigrati con il rivale Barbagelata

George Moscone, senatore della California, era nato a San Francisco nel 1929 da una famiglia originaria della Val Trebbia. Curiosamente, era diventato sindaco di San Francisco nel gennaio del 1976 battendo un altro discendente di immigrati liguri: John Barbagelata, rappresentante dell’ala più conservatrice del partito, il cui cognome rimanda inequivocabilmente ad un altro paese ligure, distante solo pochi chilometri dalla Fontanarossa dei Moscone! Tutta la zona, del resto, è stata segnata da una forte ondata di emigrazione verso la California nella prima metà del ‘900.
Il film con Sean Penn non è il primo a portare sullo schermo la vicenda di Harvey Milk e di George Mo­scone. Nel 1999 c’era già stato “Execution of justice-Il giustiziere” di Leon Ichaso, con Peter Coyote nella parte di Milk e Stephen Young in quella di Moscone: un film rimasto inedito nelle nostre sale, ma pubblicato in videocassetta anche in Italia nel 2000.
E prima ancora era uscito “The Times of Harvey Milk”, un documentario dove si vedono in filmati d’archivio i veri Milk e Moscone e che vinse l’Oscar nel 1984. Sull’argomento esistono anche una piece teatrale di Emily Mann e persino un’opera lirica in tre atti rappresentata per la prima volta a New York nel 1985 con un tal G. Sals nella parte di Moscone.
In molti di questi lavori si parla anche del processo all’assassino, condannato ad una pena incredibilmente mite: tra le attenuanti, l’avvocato difensore aveva citato il fatto che White aveva mangiato in quei giorni molti hamburger e altro cibo-spazzatura. Liberato dopo soli sei anni di prigione, White tornò a San Francisco ma si uccise subito dopo, nel 1985.

Renato Venturelli

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