Bartolomeo Mangini, l’avvocato del diavolo

Tra le figure bizzarre ed originali di cui, spesso, si parla a Fontanarossa, è ancora vivo ed attuale il profilo di Bartolomeo Mangini, l’avvocato dei briganti.
Nato a Fontanarossa, intorno alla metà del settecento, laureatosi in teologia, all’avvento di Napoleone in Italia, il Mangini scoprì di preferire il codice al breviario e, stabilito lo studio a Genova, in Via dei SS. Giacomo e Filippo, si diede all’avvocatura, divenendo in breve molto noto e stimato.
I successi forensi e mondani non lo allontanavano, tuttavia, dal paese natale e, appena possibile, l’avvocato Mangini ritornava a Fontanarossa a dirimere cause, a pacificare, a riposarsi. Le sue facezie sono rimaste famose; un giorno, passeggiando per il paese, con il giornale aperto sotto il naso alla rovescio, si sentì chiedere da qualcuno il perché di quello strano comportamento.
Prontissimo rispose: «Capisco più io leggendo così, che tu leggendo al verso giusto».
Ma la più singolare avventura è, certamente, quel­la che ce lo ricorda ancora ora come «l’avvocato del Diavolo».

Una sera, mentre tornava al paese a dorso di mulo, su per le rampe di Cavassolo (allora non esisteva la statale 45), si vede parare il passo da alcuni tipi dall’aria poco rassicurante; si fa avanti il capo, si accerta di parlare proprio con l’avv. Mangini e si presenta: Pipìn Musso, il brigante famoso come «Diavolo Matto».
Dallo spaventatissimo avvocato il bandito non vuole la borsa, ma il patrocinio: il cognato, marito di sua sorella e suo luogotenente, è stato catturato dai gendarmi, tradotto a Palazzo, dove sarà processato e, sicuramente, giustiziato; la donna è incinta, malferma di salute e la morte del marito le potrebbe riuscirle fatale: l’avvocato, con la sua abilità ed il suo prestigio, guardi di sbrogliare la situazione.
Sotto l’effetto della paura, l’avvocato garantisce il patrocinio, fissa un appuntamento, sprona la mula e, cercando di mettere la maggiore strada possibile tra sé e il… cliente, giunge col cuore in gola a Fontanarossa: i briganti non scherzano, ora che ha promesso, ne va della sua pelle di tirar fuori di guardina quel tizio.
Il giorno stabilito, la moglie dell’arrestato si presenta nello studio e l’avvocato, che, nel frattempo, ha studiato la linea di difesa, la porta a « Palazzo », cerca il giudice incaricato del processo e gli tiene, pressapoco, questo discorso: « Signor Giudice, la donna che sta dinanzi a voi incinta e malata, è la moglie del brigante che dovete condannare; in queste condizioni non sopravviverebbe al marito. Il «Diavolo Matto», suo fratello, è preoccupalo per la sua salute, tanto preoccupato che ha promesso a me, che sono l’avvocato difensore, lo stesso trattamento che ne riserverete all’imputato. Se, per amore della giustizia, volete sacrificare anche me, pazienza! ma, se potete, lasciate libero il brigante e fate vivere in pace anche me ».
La singolare arringa fece il dovuto effetto, pochi giorni dopo il pregiudicato venne scarcerato, e l’avvocato non fece più brutti incontri; anzi, quando, di notte, transitava per la Val Bisagno, al punto del primo incontro, due ombre silenziose si staccavano dai bordi della strada e lo accompagnavano per un buon tratto: era la scorta di onore del «Diavolo Matto».

P.F.

Notizie fornite da Andrea «Carlun» Mangini.

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